E ti rivedo attraversare il ponte,
sospeso penzoloni tra opposti dirupi rocciosi
e fare il salto.
Il tuo equilibrio è precario sulle doghe consunte dal tempo,
assemblate da funi lise che fungono anche da corrimano.
Non puoi permetterti di cedere al baratro del vuoto
al vortice del nulla:
gli avvoltoi stanno sempre lì, in agguato!
Nel buio del letargo in cui ti trovi a navigare
una luce progressivamente avanza:
sono carezze che morbide sfiorano le tue mani.
Un fremito ti scuote a sorpresa
e strizzi lacrime al suono delle fresche voci
che ti riconsegnano a noi:
- Dai, nonno, andiamo, dai, portaci ai cavallucci! –
L’incubo frantuma nella consistenza del presente.
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