Quel giorno che verranno a prendermi
sarò seduto rassegnato sulla soglia
e quando vedrò il pennacchio dei gendarmi
esclamerò: "sono qui da giorni ad aspettarvi".
Quando bruscamente mi inviteranno di seguirli
li pregherò gentilmente di non legarmi i polsi
le mani mi serviranno per coprire il volto
e per schivare gli sputi irriverenti degli stolti.
A capo chino calpesterò i loro passi
come un segugio conosce già il suo sentiero
anche il sole all'improvviso si colorerà di nero
e i miei occhi saranno duri come i sassi.
Loro avanti, passo pulito e concreto
ed io dietro come un coniglio impaurito
guardando il cielo chiederò di piovere veleno
al Dio colpevole di malefatte e non di meno.
Preparate la prigione o carcerieri,
preparate le coperte, il mio inverno sarà lungo
cercherò di convincermi che non sarà prigione
ma libera scelta, camuffando la pena in un letargo.
Lascio questa casa e sul tavolo un calice di vino
mentre fuori già una folla si è radunata dal mattino
sento le urla, sono loro che acclamano giustizia
sono accorsi in tanti per lapidare il mio cammino.
Non temete o miei nemici, uscirò da questa porta
senza opporre alcuna resistenza, sarà per l'ultima volta
e voi mi date l'occasione di poterlo fare
non come ogni uomo nella sua vita aspira:
"orizzontale e la con la benedizione
chiuso a chiave dentro un feretro in massello"
ma lo farò perdio con le mie gambe e verticale
lo farò urlando al mondo la mia maledizione
d'avere costruito il niente sopra il niente
con pilastri e fondamenta di cartone
e di avere raggiunto chissà quale meta
se non d'avere edificato un tetto d'illusione
per ripararmi dalle intemperie e dalle menzogne
per poi offrirmi in pasto ai vermi e alle formiche
imputridendo al sole come le carogne.
E allora venite a prendermi o gendarmi
sarà meglio uscire da questo calcestruzzo
tant'è che non trovo alcuna differenza
tra carcere, catene e atteggiamenti da struzzo,
vi lascio tutto quello dove voi sguazzate
ed io non ho trovato mai compiacimento
vi lascio ogni bene materiale, il vostro appagamento
di questa vita che non ha mai riconoscimento.
sarò seduto rassegnato sulla soglia
e quando vedrò il pennacchio dei gendarmi
esclamerò: "sono qui da giorni ad aspettarvi".
Quando bruscamente mi inviteranno di seguirli
li pregherò gentilmente di non legarmi i polsi
le mani mi serviranno per coprire il volto
e per schivare gli sputi irriverenti degli stolti.
A capo chino calpesterò i loro passi
come un segugio conosce già il suo sentiero
anche il sole all'improvviso si colorerà di nero
e i miei occhi saranno duri come i sassi.
Loro avanti, passo pulito e concreto
ed io dietro come un coniglio impaurito
guardando il cielo chiederò di piovere veleno
al Dio colpevole di malefatte e non di meno.
Preparate la prigione o carcerieri,
preparate le coperte, il mio inverno sarà lungo
cercherò di convincermi che non sarà prigione
ma libera scelta, camuffando la pena in un letargo.
Lascio questa casa e sul tavolo un calice di vino
mentre fuori già una folla si è radunata dal mattino
sento le urla, sono loro che acclamano giustizia
sono accorsi in tanti per lapidare il mio cammino.
Non temete o miei nemici, uscirò da questa porta
senza opporre alcuna resistenza, sarà per l'ultima volta
e voi mi date l'occasione di poterlo fare
non come ogni uomo nella sua vita aspira:
"orizzontale e la con la benedizione
chiuso a chiave dentro un feretro in massello"
ma lo farò perdio con le mie gambe e verticale
lo farò urlando al mondo la mia maledizione
d'avere costruito il niente sopra il niente
con pilastri e fondamenta di cartone
e di avere raggiunto chissà quale meta
se non d'avere edificato un tetto d'illusione
per ripararmi dalle intemperie e dalle menzogne
per poi offrirmi in pasto ai vermi e alle formiche
imputridendo al sole come le carogne.
E allora venite a prendermi o gendarmi
sarà meglio uscire da questo calcestruzzo
tant'è che non trovo alcuna differenza
tra carcere, catene e atteggiamenti da struzzo,
vi lascio tutto quello dove voi sguazzate
ed io non ho trovato mai compiacimento
vi lascio ogni bene materiale, il vostro appagamento
di questa vita che non ha mai riconoscimento.