Rielaborazione di un testo scritto in versi sciolti circa cinquant'anni fa
Da lungi mi raggiunge antica brezza,
di lampioni in penombra i nostri passi
lungo deserti vicoli di sassi,
che par d’altri vissuti una carezza.
Fantasmi avverto in queste notti estive
in questo vagolar nostro ramingo,
voci che nel silenzio ancor mi fingo
ancora proferir parole schive,
oppur lazzi d’oziosi perdinotte
o fidanzati senza ancor dimora
da sera conversar fino all’aurora
scambiandosi effusioni galeotte.
Un silenzio ch’è gravido di storia,
rotto sol dal frusciar delle fontane
o da un lontano tocco di campane,
storie umili, fuor d’ogni memoria.
E ancor sui muri parlano graffiti
messaggi senza voce e nell’oblio,
impudiche vestigia di desio,
confessioni d’amor, cuori feriti.
E noi che a notte andiam per queste strade
siamo tracce anzi tempo già presenti
di fantasmi futuri ad altre genti,
un eterno ritorno che riaccade.
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E d’ora in poi guardando certi graffiti osceni non potrò dimenticare che si tratta di “impudiche vestigia di desio”