"Ciao Carlotta! Sono felice di rivederti! Come stai?" chiede lui, felice di rivedere la sua ex.
"Caro Giulio, è bello rivederti. Purtroppo a me le cose non vanno molto bene."
"Oh, mi dispiace, spero nulla di grave! Vieni, andiamo a sederci su quella panchina, così potremo parlare un po', se ti fa piacere" le dice lui, premurosamente.
Carlotta accetta la proposta e i due giovani si siedono.
"Se ti va, puoi parlarmi dei tuoi problemi. Sai che io sono sempre stato un ragazzo dal cuore grande. Cerco sempre di aiutare gli altri, se posso"
Carlotta guarda Giulio intensamente negli occhi. Ricordando i tempi in cui erano insieme, decide di aprirgli il suo cuore, mentre calde lacrime iniziano a bagnare il suo dolce viso.
"Giulio...sono disperata!" dice Carlotta tra i singhiozzi.
"Non fare così, cerca di calmarti! Ora ci sono io! Dimmi tutto e cercherò di aiutarti come posso!"
"Grazie. Sai, è un periodo terribile per me: tutte le persone a cui volevo più bene al mondo, hanno tradito la mia fiducia!"
A questo punto, Giulio sente una stretta al cuore. Anche se non vedeva Carlotta da anni, gli fa male vederla ridotta così. Nonostante la loro storia sia finita da anni, egli nutre ancora affetto per lei.
"Amica mia, non fare così, ora ci sono io! Te la senti di spiegarmi cosa è accaduto?"
"Sì Giulio" mormora la ragazza continuando a lacrimare.
"Dopo che io e te ci siamo persi di vista, ho passato un periodo da single in cui dicevo a me stessa che non mi interessava avere un fidanzato, che stavo molto meglio da sola. Poi, un giorno, in palestra ho conosciuto un ragazzo che mi è subito piaciuto. Abbiamo cominciato a uscire insieme e ci siamo fidanzati."
Giulio, nell'ascoltare il racconto della sua amica, comincia a provare un vago senso di rimpianto, e anche un pizzico di gelosia.
"E poi, cosa è successo? Avete avuto dei problemi?"
"Lui era tutto per me! Non ho mai amato nessun altro uomo intensamente quanto lui!"
Giulio, nell'ascoltare queste parole di Carlotta, diventa sempre più cupo. Il pensiero di questo ragazzo che la sua ex aveva tanto amato dopo di lui, lo irrita un po', ma cerca di non darlo a vedere a Carlotta.
"Vai avanti..." le dice.
"Ebbene...ho da poco fatto una scoperta...terribile..."
Ora Carlotta piange talmente tanto da non riuscire più a parlare.
"Coraggio Carlotta, io ti voglio ancora bene, sono tuo amico, di me puoi fidarti! Dimmi tutto!"
Le dice lui stringendo dolcemente le mani di lei tra le sue.
"Ecco, vedi...la mia...la mia migliore amica...è...incinta del mio fidanzato!"
Dopo questa dichiarazione, Carlotta torna a singhiozzare ininterrottamente. La ragazza appoggia la fronte sulla spalla di Giulio, per cercare conforto. Giulio non sa cosa dire. Si rende conto che per Carlotta è davvero un colpo durissimo.
"Carlotta, mi dispiace! Immagino che brutta delusione per te, ma non devi disperarti così..." le sussurra lui all'orecchio.
"Ah, non devo disperarmi?" dice lei alzando la testa dalla sua spalla e interrompendo improvvisamente il suo pianto.
"Lo sai che anche mia sorella minore aspetta un figlio da lui?"
A questo punto, Giulio sente salirgli un senso di rabbia verso questo ragazzo che tradisce la fidanzata con persone a lei care, e la fa soffrire così tanto!"
"Carlotta...è davvero una situazione incresciosa..." le dice."
E non ti ho detto ancora tutto: anche mia sorella maggiore è in stato interessante! Indovina chi è il padre del bambino?"
"E'...è...sempre il tuo ragazzo?" chiede Giulio titubante.
"Certo, è lui!"
Giulio, ora, oltre che arrabbiato comincia ad essere perplesso.
"Carlotta, ma..."
La ragazza non gli permette di continuare la frase e prosegue con le scottanti rivelazioni:
"E lo vuoi sapere? Lo vuoi davvero sapere cos'altro ha combinato questo porco?"
Ora il tono di Carlotta è aggressivo. Ella ormai non piange più, la disperazione ha lasciato il posto alla rabbia, è tutta rossa in viso, una vera furia!
"Certo, dimmi tutto" risponde Giulio quasi impaurito.
"Ha osato persino mettere incinta...mia cugina! La cugina a cui sono più affezionata!"
"Accidenti, Carlotta, ma questo tipo è tremendo!"
Ma il racconto di Carlotta non è ancora finito! Ella ha ancora altro da aggiungere. Si calma un po', assumendo un'espressione molto seria e dice:
"Giulio, forse ora non ci crederai, ma...ha messa incinta anche mia zia Graziella!"
Giulio ormai non sa più cosa pensare. Ricorda di avere conosciuto la zia di Carlotta. Non sapendo cosa dire, dice soltanto
"Ah, tua zia Graziella, è ancora abbastanza giovane, me la ricordo"
"Già! Ma la vuoi sapere un'altra cosa ancora? La vuoi sapere?"
"Certo!" risponde Giulio, ormai rassegnato.
"Anche mia madre sta aspettando un figlio suo!"
A queste parole Giulio non resiste: gli viene spontaneo chiedere a Carlotta:
"E tuo padre? Tuo padre non è incinto del tuo ragazzo?"
"Mi ha chiesto di andare in farmacia a comprargli il test di gravidanza!"
Quando le due ragazze, appena adolescenti, udirono un urlo, si precipitarono nella camera da letto dei genitori e ad entrambe venne un colpo al cuore, si riempirono gli occhi di lacrime. Rosina era con il capo abbandonato sul cuscino, gli occhi vacui, persi nel vuoto, sbarrati, immobili. Ogni tentativo di salvarla risultò vano e mia nonna, da un giorno all'altro si ritrovò sola, in un mondo che le incuteva sempre più timore.Camminava per il paese in preda ad una continua agitazione da quel momento poi diventò sempre più sospettosa e prudente, per cui questa sua successiva paura la fece vivere in uno stato di infelicità permanente. Con il tempo diventò una bravissima donna di casa, una cuoca provetta ma aveva il cuore in continuo tormento. Divertirsi, per i paesani, era considerato un peccato; solo chi faticava manualmente veniva apprezzato. Ricamava molto bene insieme alle sue amiche Santina, Elena, Berardina, quest'ultima era l'unica che frequentasse il ginnasio a Leonessa. Con l'amica Stefania invece seguiva lezioni di cucito, impartite loro da una sarta che arrivava in paese due volte a settimana. Stefania era una ragazza dalla folta chioma bionda, che raccoglieva sulla nuca ed era ipovedente dalla nascita. Attraverso il tatto, toccando la stoffa con le mani, percepiva la fattura del tessuto e iniziava a ricamare ghirigori con grande maestri. Un episodio significativo che mi raccontava mia nonna che mi è rimasto impresso e si riferiva al giorno in cui Stefania ebbe il menarca e si trovava a casa sua. All'improvviso la ragazza si senti un liquido bagnarle le mutandine, quindi preoccupata, andò in bagno e quando tornò, aveva tutte le mani sporche di sangue." Ti serve aiuto?" le chiese dolcemente mia nonna, alla quale il ciclo era arrivato l'anno precedente e quindi era ben informata." Grazie" rispose lei e la seguì in bagno imbarazzata, ma ascoltò le sue raccomandazioni, si lasciò lavare nella tinozza e poi applicare una pezza di stoffa sulle mutande, fissata con due spilli, così come si usava allora, dopodiché, tornarono a ricamare. Sedute alla finestra, per carpire l'ultima luce del sole, prima del tramonto le due amiche se ne stavano quiete a chiacchierare tra loro mentre sostituivano i polsini delle camicie degli uomini di casa. Era un lavoro di estrema precisione nel quale chissà per quale strana capacità sensoriale o intuitiva Stefania era molto abile. Dai racconti che mi faceva mia nonna, credo che mia nonna ammirasse la sua amica, però segretamente.
I primi ad arrivare, nell’aspettare gli altri, ascoltavano silenziosamente i racconti delle "Sciure" del paese, che ci rapivano facendoci immergere nella loro magia di gioventù, nostalgicamente sfumata.
Tra una lacrima e una risata, si facevano largo le gomitate appena accennate tra noi, che invece vivevamo, di spensierata allegria. Eravamo tutti armati del necessario per sconfiggere quelli che ironicamente denominavamo gli "Aerei," che in picchiata si gettavano a mitragliare le nostre gambe, e come unica difesa avevamo lo zampirone, contro gli zanzaroni della “Lanca.”
Un piccolo laghetto creatosi in modo del tutto naturale, dopo la rabattata da una sponda all’altra di Mezzana, dovuta a una memorabile inondazione del fiume Po, che dopo il rientro alla normalità, prese un nuovo corso. Da questa leggenda, nacque così il nome del mio paese, Mezzana Rabattone che prese il posto di Oltre Po Pavese.
Ed ecco arrivare chi, io con ansia aspettavo, la mia amica del cuore "Nadia." Compagna di mille e una avventura, dotata d'intelligenza sopraffina, l'ho sempre ammirata ma soprattutto, ci abbracciava una forma di bene naturale, come fossimo sorelle.
Quella sera per noi era speciale, perché il giorno dopo sarei partita per la terra natia dei miei genitori; Sicilia, andando via per sempre. Parlammo tantissimo finché arrivò il momento di doverci definitivamente salutare. Con il dolore negli occhi ci guardammo intensamente, tenendoci per le mani ormai tremolanti, ci abbracciammo commosse nel nostro indimenticabile attimo intenso, dove come una pellicola a bianco e nero, ogni singolo passaggio di vita insieme, attraversava la mia mente, che mi lasciava lo strascico di una triste paura, quella di non doverla più rivedere.
Da qui, la promessa che un giorno ci saremmo rincontrate proprio lì, in quel punto, a due passi da casa mia.
Dandoci poi le spalle piangendo, a voce alta ci ripetemmo:
"Ci vediamo al muretto."
L’appuntamento è avvenuto stasera nel silenzio di questo bellissimo balcone illuminato dalla stessa luna a falce che qui da me nasconde il suo lato oscuro dietro la collina di Miralta mentre alla foce della Piave dove corre il Sile, caro amico, mi piace pensare ti resti accanto accarezzandoti soltanto, intanto che ti preoccupi di amare “la solitudine della felicità”.
Tra le pagine del tuo nuovo libro ritrovo “ogni passato che hai fatto riposare alle tue spalle”, bevo un bicchiere di vino e so che ne berremo un altro insieme lungo l'asta del fiume. Mi tremeranno le mani per ogni ettolitro (hl!) di vita che divideremo insieme, Michele.
Mi avevi detto qualche tempo fa del libro, le tue parole profumavano di quella felicità… Così dopo un Raboso ti aiuterò a rimanere solo. Ti lascerò al procedere lento e ostinato della vita, e alla tua naturalezza ne ”l’assumere sogni disoccupati”.
Siedo ancora nel balcone su una ballata folk pensando forse di essere altrove, tra poesie e riflessioni in prosa che accarezzano l’una l’anima dell’altra.
Mi manca il tuo approccio pratico alla vita.
"C'è sempre una soluzione", mi dicevi mentre ascoltavi i miei drammi, poi ti accendevi una canna alla finestra di cucina.
"Devi trovare uno come me" scherzavi.
Il giorno in cui nacque tuo figlio mi sei venuto a prendere lo stesso per portarmi a lavoro, come se fosse un appuntamento al quale non potevi mancare.
In macchina ascoltavo il tuo racconto: l'attesa, la tensione, poi l'arrivo di Carlo. Assorbivo tutta la tua fatica, tutta la tua felicità, avevo le palpitazioni per una storia la cui fine era scontata.
Alla guida ripetevi, quasi tra te e te :"Deve essere lei" .. e io guardando la strada ti dicevo che sì, era lei la donna della tua vita, era tua, l'avevi trovata.
Ti ho sempre capito, e tu hai sempre capito me.
Al momento di partire, mi hai detto che ci saremo rivisti, poi mi hai abbracciato e sollevandomi mi hai fatto girare per tutta la sala.
Mi manchi amico mio.
Parlerò di lei perché la sento. No, non che io le telefoni, questo no, ma la percepisco, ogni giorno. Dividiamo, o meglio condividiamo, la stessa sedia, beh, volevo dire passione, per dire che stiamo, entrambe,… si, insomma avete capito, no!?... Con lei è come stare su una sdraio a due passi dall’acqua, in riva la mare, a darsi un’occhiata d’intesa e qualche sorriso di assenso o dissenso, ogni tanto.
Ed è bello così proprio per questo: un’intesa silenziosa. Godiamo così!...
Passa tutto di lei, come attraverso uno specchio: basta un click. Mi soffermo, tante volte, a pensarla: io la vedo. E più penso, più l’immagino, più mi viene di vederla… in un ritratto.
Una signora d’altri tempi, certo un po’ anche per gli anni, ma più per la mia sfrenata fantasia che, seppur tal sfrenata è, vuol dire che, infondo, qualcosa vagamente di lei mi porta in altri tempi. Sarà il suo fare materno, tenero, a tratti protettivo, per niente sdolcinato, anzi, in certuni casi, energico. Sarà quel che non so che, che non saprei dire ma io sento che è una persona… vera. E poi sa tanto di poesia!...
Ed è lei, Vera, colei che immagino come in un quadro fantasioso.
Alta, magra e una gran classe; una donna elegante, dallo sguardo dolce, profondo, dato da due occhi azzurri come il suo mare che spiccano sui lineamenti fini, delicati del viso incorniciato dal bianco dei capelli, sempre ben pettinati. Poi mi giro, la rivedo in un’immagine in cui legge: occhiali, il libro tra le mani delicate e lo sguardo che sbircia dalla finestra… A volte mi viene di pensarla come la nonna dei fumetti: occhialini sul nasino, proprio quello di una bambina, e un sorriso fra il tenero ed affettuoso. Giusto quello di una nonnina! Tutto questo senza offesa, si capisce, anzi. Pure io ambisco a quell’immagine, e già ne acquisto quando leggo, ai miei nipoti, qualche poesia. Un po’ vanitosa io però, perché gli occhiali li scelgo colorati, imperlati e brillantati, cosicchè cancellino un po’ di.. anni all’atto d’inforcarli… Vanità di femmina!...
Lei è limpida, certo non le manda a dire: diretta, spontanea; un tantino come me, o meglio, io come lei. Arrogante, polemica, potrebbe sentenziare qualcuno. Ma no, non è l’arroganza prepotente che ti mangia e ti zittisce. E’, piuttosto, quel dire enfatico, dato da una carica emotiva e caratteriale, di fronte alla vita, a discorsi ed argomenti, a volte angosce e situazioni. Pronta, sempre, al confronto, momento di crescita e di scambio. E’ tutto un dire, non c’è che dire! E vuol proprio tanto dire, commentare!...
… Eppure in lei c’è poesia! Tanto amore si respira accanto a lei. Quanta voglia di cambiamenti, quanta speranza, tenacia, quanta voglia d’insistere. Perché in verità vi dico che lei è una persona VIVA! Mi ricorda tanto una vecchia zia: zia Maria, centenaria. Beh, non era proprio una mia zia, ma di amici fraterni. Ma tutti la chiamavano così per rispetto ed affetto, allora avevo preso l’abitudine di chiamarla anch’io così: ad un certo punto avevo cominciato a sentirla “mia”. Ci passavo pomeriggi interi con lei a parlare, ad imparare dalla sua saggezza, dalla sua vecchiaia, che non è una malattia! Lei mi ha dato più di chiunque altro, mi trasmetteva forza, una voglia di vita esagerata. E, se la vecchiaia fosse stata una malattia, beh, avrei voluto, molto volentieri, che m’infettasse!... Evidentemente, zia Maria era fatta della stessa pasta di Vera.: forgiata dalla scuola aspra della vita. Un tipino niente male: tosta ma amorevole, una grande fede, giusta e tenera. Per dirla in una battuta, mi sembra quasi un “copia e incolla”.
Eh, ma mi frulla un’altra idea. Si, mi dico che, prima o poi, andrò nella sua bella terra: tanto lì ci sono due amici. Lo farò, Vera, magari passerò da te, solo il tempo di un abbraccio.
Come dici? Devo brigarmi!... Ma va là, abbiamo tutto il tempo che vogliamo. E poi, scusa, tu lo sai, prima o poi ci rivedremo, comunque. Mi raccomando: porta un po’ della tua poesia. Come?... si, hai ragione questo scritto potrebbe assumere il tono di una lettera. Eh, lo so cara, qualcuno penserà che voglio rubare la scena. Pensa te in quanti lo vogliono, a questo mondo, e lo fanno in mille modi. Eccome se lo fanno!
Ma qui comando io, faccio quello che mi pare: questo è spazio mio, solo mio, faccio come voglio!
… E continuo e faccio!... Signora mia cara, non è una sviolinata: che motivo avrei? Non ti conosco, non puoi lasciarmi i tuoi beni, quelli terreni perché di quelli spirituali…. Di soldi manco a parlarne!...
E’ solo che m’ispiri un affetto prepotente, un grande amore: quello che mi ha nutrito fin da bambina. La mamma, la nonna, persino i cari vicini di casa e gli amici del mio papà. Ma erano altri tempi! Tempi dell’amicizia vera, del buon vicinato, dell’altruismo, della serenità d’animo. Ecco io con te respiro di quel tempo: quando guardavo, con gli occhi da bambina, le signore anziane. Oggi immagino te con i miei occhi di allora e sogno.
… Alta, magra, i capelli bianchi, due occhi chiari dolci, profondi, veri. Tutta vestita di pizzi e merletti, colletti con bianchi ricami e rouches. Una dolce, bella nonnina che si appoggia al bastone nel suo andare fiero ed elegante. Una signora d’altri tempi!...
Questo il mio ritratto di Vera e…. sa tanto di Poesia!
Un Anno di pace e amore
Un augurio per chi è in cerca di lavoro e chi soffre e non è felice
Un augurio a tutti i malati nelle case di riposo che una carezza le solleva il dolore e le porta un sorriso nei loro cuori tanti auguri a tutti e buon 2016
I tuoi occhi sono stanchi come i miei; è il prezzo che si paga dedicandosi agli altri; ma è un prezzo, uno spendersi, che dà soddisfazioni, non materiali, ma intime.
E vedi, colgo l’invito sottinteso di Silvana Montarello con la sua Club Poetico, per dirti GRAZIE, anch’io, perché scriviamo, scriviamo, ma alla fine è grazie a te se condividiamo, ci confrontiamo, ci misuriamo; in fondo questa community esiste perché ci sei tu a gestire uno spazio, virtuale si, ma dedicato, che poi, voglio dire, nel panorama, non è l’unico ma che io, grazie a Caterina Morabito, ho deciso di frequentare perché mi sono resa conto della sua valenza; io lo considero un’agorà per la qualità delle interrelazioni dialettiche che si sviluppano e per il significato dei messaggi che veicolano.
Enzo, ognuno ha le sue intuizioni e le sue percezioni, che rimangono fine a sé stesse se non entrano in gioco con altre; è interessante questo nostro dialogo interattivo, ed è importante questo tuo esserci equilibrato e attento.
Ho accolto con piacere l’idea di questi concorsi interni; è uno stuzzicare in più la nostra smania di sbriciolare, (pardon!) di declinare versi e di migliorarci.
Questo è un periodo di grandi impegni per me, ma non ho resistito all’urgenza di visitare il nostro spazio e di riprendere a pubblicare con un Ciao a te dedicato.
Alla fine meriti la nostra attenzione e il nostro affetto e ci dobbiamo ricordare di più di salutarti.
Buona giornata, buon lavoro e un caro saluto a tutti.
Ancora, Ciao e a presto.
Naturalmente, anch'io, come gli altri ragazzi della scuola, la guardavo, valutavo i suoi seni, che apparivano sodi sotto la blusa accollata, ammiravo le sue lunghe gambe, forti, ma armoniose, con le quali aveva vinto la gara di salto in lungo femminile. Ma più di tutto mi piaceva la sua pelle, tenuemente rosa, con lentiggini sparse, e profumata naturalmente, come quella di un bebé di sei mesi. Bastava starle ben vicino, per sentirlo, quel leggero, delicato profumo.
Gli altri ragazzi le ronzavano sempre intorno - lei era certo la ragazza più bella ed interessante fra quelle che frequentavano il liceo - e lei domava i loro bollenti spiriti con la freschezza del suo sorriso luminoso. Io invece, me ne stavo un po' in disparte, non mi sono mai piaciuti i posti affollati, e l'ammiravo da lontano. Ogni tanto ci capitava di scambiare qualche parola, specie durante le lezioni di francese, che avevamo in comune, benché io frequentassi il liceo scientifico, lei il classico. Sedevo nel banco dietro a lei, dove ogni tanto mi raggiungeva un alito del profumo della sua pelle.
Ma per il resto, le stavo appunto distante, forse per timidezza, più probabilmente per insicurezza.
Poi arrivò il giorno delle stringhe.
Come quasi sempre accade, è la donna che sceglie l'uomo che la sceglierà; meglio ancora, sono spesso le donne che fanno il passo determinante perché una possibile storia abbia inizio.
Quel giorno, erano circa le otto e un quarto di un bel mattino soleggiato, eravamo quasi tutti fuori della scuola, in attesa del suono della campanella che chiamasse alla prima ora di lezione, quando la vidi staccarsi dalla nube di corteggiatori che come sempre l'avvolgeva, e venire verso di me sorridendo. Non era mai successo prima.
"Ciao, Francesco, come stai?" mi chiese.
"Ciao, Valeria, bene, grazie, e tu?"
"Senti, non ti offendere, ti ho comprato queste" e mi porse un paio di stringhe da scarpe, marroni, sottili, arrotondate.
La guardai interrogativamente, senza capire bene cosa stesse succedendo.
"È un po' che ho notato che le stringhe delle tue scarpe sono tutte rotte, penso che fai fatica persino a fare il nodo, e non è bello da vedere. Così ieri sono passata dal calzolaio e te ne ho comprato un paio. Voi ragazzi siete un po' pigri per queste cose!", mi disse ancora, sorridendo e continuando a porgermi le stringhe.
Io le presi e non sapevo cosa dire; non sapevo se sentirmi umiliato per essere stato colto in peccato di sciatteria, o se essere esaltato per il fatto che lei mi avesse guardato con particolare attenzione e pensato a me, andando a comprare quelle stringhe, che ora stringevo nella mano.
"Non me le devi pagare", aggiunse, sempre più sorridente,"magari sabato m'inviti a prendere un tè in pasticceria"
Sono passati ormai più di venticinque anni da quella mattina. Abbiamo avuto due figli, ed oggi il primogenito, che fa anche lui il liceo scientifico, era raggiante: pare che la brunetta che gli piace tanto gli abbia portato un CD, da mettere su quando fa i compiti.
Se tanto mi dà tanto...
Mi chiamo Sara, ho diciassette anni,ma un tempo mi chiamavo Maria Grazia
poi Caterina,cambio sempre nome,ma sono sempre io,che importa il nome,
son subito riconosciuta,dal mio modo di parlare, di scrivere da una foto che è
sempre stata un punto di riferimento nei miei sogni di ragazzina,
una ragazzina cresciuta nella povertà, nella solitudine, cresciuta troppo in fretta.
Ecco vorrei comiinciare con Caterina , anche se il mio primo esordio l'ho
fatto con Maria Grazia.
Piccolo esordio ..pochi amici , nessun post condiviso ..tranne una poesia
di un'amica che mi ha accettata ma che non sapeva nulla della mia esisten-
za.Un'amica come tante...un nome per far numero e niente di più ,per lei,
ma non per me,perchè per me diventerà una mamma, la mamma che non ho
mai conosciuto.
Mia madre, da una relazione extraconiugale rimane incinta,
scoperta, viene cacciata di casa e va a vivere con la sua mamma.
Io nasco dopo 8 mesi,un parto difficile con una ostetrica improvvisata:mia nonna.
Mamma non ce la fa , dopo due giorni di febbre altissima muore ed io piccolo
esserino ancora fragile resto alle cure della nonna ed allattata da una vicina di
casa:Angela.
Cresco,si cresco di stenti perchè per vivere la nonna vende erbe mediche che
lei stessa raccoglie in campagna.
La chiamavano strega ma io volevo bene a quella donna che , anche con la
sua rudezza mi aveva fatta nascere, ma un sorriso da quel volto io non l'avevo
mai visto,una carezza mai avuta e il giorno ero sempre sola a fantasticare.io non
giocavo con gli altri bambini, nessuno faceva avvicinare i propri figli a giocare con me.
io, ero la figlia della strega, eppure era mia nonna.non so perche' tutti mi chiamavano cosi'.
Ogni tanto Angela passava, mi portava una caramella, un pezzo di pane ma era sempre
di corsa,aveva tanto lavoro da fare ,ma a me bastava quella presenza,il suo sorriso
dolce, ecco era lei che avrei voluto per mamma.
Quando mia nonna girava per il bosco, io uscivo dalla mia tana, prendevo un pò
d'aria,mi fermavo a guardare gli altri bambini che giocavano,
ricordo ancora come saltavano su una gamba su quei segni fatti nella strada
con il carbone, io non giocavo, me ne stavo nascosta perche se mi vedevano
mi tiravano dei sassi.
Che brutti ricordi!
Ora , sono in una stanza , quattro letti , due armadi un tavolino e quattro sedie.
Le pareti sono tutte bianche , niente nelle pareti. solo uno specchio e un picco-
lo lavandino.
Una finestra da su un viale alberato, qualche fiore selvatico si intra-
vede tra quell'ammasso di erbe che noi stesse, io e tutti gli abitanti di questi al-
loggi dobbiamo estirpare.-
Un pizzico di cielo, il chiarore della luna da un'immagine spettrale,ma forse
siamo anche noi solo degli spettri, anime che vagano da una stanza all'altra,in
un letto dove si può solo morire, senza una parola buona, senza una carezza,
dove il dolore, l'astinenza ha solo un nome:morte.ed io mi trovo qui ,ho solo
sedici anni.
Sono magra, capelli lunghi lisci e neri, sopraciglia molto folte e ciglia lunghis-
sime , due occhi grandi e neri , la mia pelle è scura, sembro una pera cotta,
cosi' mi chiamava la mia nonna.
Sono su questo letto, fa caldo, mi tolgo la camiciola che mi copre a stento,tol-
go lo slip, sono nuda.anche le altre ragazze con me nella stanza sono nude.
Certo.a guardarci..potremmo contare le ossa del nostro corpo.
Abbiamo un computer ma abbiamo solo poche ore a disposizione,, qualcuno ha una chiavetta
anche io ce l'ho, me l'ha portata mia zia durante una visita , ma devo tenerla di
nascosto, a volte ci alterniamo , io Caterina su internet faccio amicizia con dei
ragazzi, mi fanno proposte vogliono vedermi in cam .. io rido rimando cerco del-
le scuse , ma l'idea non mi dispiace , mi mostro .
Anche loro si mostrano ma il
viso , lo copro . non voglio farmi vedere..
Loro mi chiedono di toccarmi, si eccitano ed a me quel gioco piace, è l'unico
divertimento che possiamo concederci dopo una giornata di lavoro, a cucinare
lavare corridoi e stanze.
La televisione ci viene concessa solo per qualche ora , la sera, ma come si fa a
passare la notte?diventa interminabile, troppi pensieri , tutti brutti e quando
il sonno mi fa chiudere gli occhi , ho incubi.
Nel palazzo adiacente al nostro c'è il reparto maschile, uno scherzetto scaval-
care la finestra per venirci a trovare , io ho il mio ragazzo fisso , si chiama Giu-
seppe , ma anche se dovesse entrare un altro ragazzo per me è lo stesso.
Qualche ragazza sta di guardia, altre stanno a guardare poi, anche loro si diver-
tiranno e noi faremo la guardia.
Mi piace descrivere quello che faccio e al computer chiamo qualche amico o
amica, qualcuno mi prende per pazza, qualcuno mi insulta, ma io la prego di
non chiudere.
Durante questo chattare, una persona mi colpisce con il suo modo di scrivere,
condvido quello che trasmette lei a sua insaputa ,poi la chiamo.
Lei , forse attirata dal mio modo di scrivere entra nel mio profilo e qui vede le
sue poesie, i suoi link , mi chiede perchè ed io : mi piaciono ..gando le meti è
come se le meti per me.
qui cominciano le domande.. chi sei? dove sei? di dove sei? ed io parlo, a trat-
ti perchè devo chiudere, perchè c'e' il pericolo che mi scoprano, poi ho qualche
crisi, non riesco a scrivere, non riesco a vedere, frasi senza senso,poi silenzio
Caterina! Caterina! cosa dici? non capisco.. rispondi !
ma nessuna risposta.
Il giorno dopo sono di nuovo al computer , con me c'e' Giuseppe ,la chiamo,
le dico cosa sto facendo con Giuseppe e lei mi tratta male mi dice che non le
interessa, mi vuole cancellare,ed io mi sento perduta, senza di lei non ho la for-
za di lottare, e lei non lo fa.
Poi faccio amicizia con il marito, lui mi tratta come una figlia, mi dice che devo
comportarmi bene che devo curarmi e devo avere pazienza, che prima o dopo
usciro' dalla comunità e farò una vita normale., ma io non ci credo , io non
potrò mai essere come una persona normale . sono una drogata, nessuno
potrà fidarsi di me.
Fa caldo! quanto desidererei mangiare un gelato!
la mia mamma ora mi risponde , mi dice che se starò bene vorrà vedermi ed
il gelato me lo farà mangiare lei.
Si vuole vedermi ed io per un attimo mi illudo che questo possa essere vero.
andare da lei .. no, non ci posso pensare , sarebbe troppo bello
Io stare bene...fare una vita normale, ma dove? dalla mia mamma? no
lei si vergognerebbe di me..una drogata ..come mi potrebbe presentare ai suoi
figli?ma lei dice che non ci devo pensare, poi si vedrà , abbi fede mi dice,
ed io non ci penso, no , non voglio pensarci , ma poi penso , come faccio a
non pensarci ? io non ho mai avuto una vita, mia madre mi ha messa al mondo
ma io non sono mai vissuta.
la mia vita io l'ho persa in un mattino di pioggia,ero uscita dalla scuola , facevo
la quinta elementare e stavo tornando a casa.
Un ragazzino mi ha seguita , mi ha detto che voleva giocare ed io non avevo mai
giocato,l'ho guardato con occhi sbarrati e gli ho detto : davvero?
si vieni andiamo laggiù dietro quel cespuglio.ed io andai.
Ma il gioco non fu più un gioco, dal cespuglio spuntarono altri quattro ragazzini,
mi strapparono le vesti di dosso, poi uno per volta furono sopra di me.
sentii un gran dolore , poi svenni.
quando mi risvegliai ero tutta sporca ,avevo sangue dappertutto,
cercai di togliermi quel sangue ad una fontanella, mi rivestii e
tornai a casa
Mia nonna come al solito era in campagna a raccogliere erbe,nessuno seppe
niente dii quello che mi era successo, ma io ora guardavo il mio corpo con
occhi diversi, sentivo che non ero più la stessa di prima , mi sentivo più gran-
de ed anche il non parlare con nessuno mi faceva sentire una piccola donna.
Avevo undici anni ora, il mio corpo cambiava, avevo già formato il seno, un ri-
volo di sangue che scorreva era la prova che non ero più una bambina e for-
se solo ora mia nonna si accorgeva che ero cresciuta.
Anche lei ora non era più la strega di una volta, non andava più tutti i giorni
nei boschi a cercare le sue erbe, di erbe ne crescevano anche intorno alla casa
e usava anche quelle per ii suoi filtri magici a cui la gente credeva,
Un odore acre era per la stanza sporca , piena di polvere e ragnatele, ma mia
nonna non vedeva più bene e si muoveva a stenti ed io ero troppo intenta nei
mieii sogni di ragazzina , a guardarmi in quel pezzo di specchio mezzo rot
to.Guardavo il mio corpo che si trasformava, mi eccitavo al solo sfiorarmi, senti-
vo il bisogno di qualcosa ma non sapevo cosa
Un ragazzo che non avevo mai visto un giorno mi segui',quando imboccai la strada
per il bosco, mi blocco' e cominciò a guardarmi mi disse che ero bella , che era da un pò
che mi osservava, era un bel ragazzo , e all'improvviso cominciò a baciarmi.
Baci , io non ne avevo mai avuti , ero felice!
mi disse di andare con lui , voleva vivere con me ed io, non me lo feci ripetere due volte.
Avevo 11 anni, lui 15.
Dove andammo? ai limiti del bosco c'era una barracca, fu quella la nostra casa, il nostro
letto : un pò di paglia.
il giorno andavamo al mercato, rubavamo delle mele , un po' di pane, poi lui spariva ed
io restavo sola ed avevo paura, paura dei rumori, del verso dei gufi , dei topi e ce ne erano
di parecchi, poi tornava ma non mi diceva mai dove era stato e se domandavo urlava o mi
arrivava uno schiaffo.
Un giorno dopo il mio girovagare per il mercato, tornai senza aver portato un tozzo
di pane , lui era ubriaco, puzzava .Mi prese a calci e pugni nella pancia, in faccia,
nella schiena.
Sentivo un gran dolore alla pancia ,poi mi vidi il sangue scorrere tra le gambe,
io ero incinta e non lo sapevo.
Non mi portò neanche all'ospedale , tornai da mia nonna, fu lei ad aiutarmi a
non morire ma io ero morta già dentro, lui aveva ucciso il mio bambino, io non
l'avrei mai visto nascere e questo causò in me una strana malattia, , una voglia
di essere posseduta, una voglia di fare esperienze sempre nuove e dietro l'angolo
l'esperienza mi attendeva
Mi illusero che avrei provato nuove sensazioni, che avrei trovato il paradiso ed io
provai.
Si mi sentivo rinascere, ero allegra, facevo delle cose strane ma poi dimenticavo
tutto, mi sentivo la testa vuota,poi ancora il desiderio di provare, di rifarlo e cerca-
vo ma dovevo pagare
Rubai a mia nonna i suoi piccoli risparmi, una catenina con un medaglione
che ritraeva la foto di mia madre. conservai la foto e vendetti la collanina ed il
medaglione per una sola bustina, non sapevo più che fare,capivo che facevo
del male a mia nonna ma non avevo altra soluzione, ne avevo bisogno.
Avevo delle crisi non vedevo più , tremavo, avevo le convulsioni, la schiuma
mi usciva dalla bocca e fu cosi' che mi videro in un angolo della strada e mi
portarono all'ospedale.Qui cominciò la mia odissea, io non avevo più la mia bustina miracolosa,gridavo
mi sbattevo la testa al muro, dicevo parole incomprensibili e volevo il mio bambi-
no.
Fu durante una di queste crisi che raccontai alla mia mamma adottiva del mio bam-
bino, bestemmiai perchè Dio me lo aveva tolto e lei mi disse che non dovevo
piangere perchè io avrei perso ugualmente il bambino, se non fosse morto me lo
avrebbero tolto , l'avrebbero affidato ad una famiglia ed io non l'avrei piu' visto.
questo mi imbestiali' le dissi che era cattiva,scrissi parole incomprensibili poi più nulla,
Caterina scompare.
Al computer risponde un'amica di stanza :Sara
Sara dice che Caterina ha avuto una crisi e la colpa è stata causata per aver nominato il suo bambino.
Caterina è stata portata all'ospedale ma ha lasciato una lettera per la sua mamma .Il giorno dopo comu-
nica con un breve messaggio che Caterina è morta .. era piena di metastasi .Una zia venuta dalla Germa-
nia per il funerale prende il posto di Caterina nel suo account ma la foto ritrae una signora sui cinquant'an-
ni dice che la chiavetta del pc l'aveva regalata lei a Caterina ma ora la lascia a Sara perchè lei vuole conti-
nuare a parlare e chattare con me.la lettera non è mai arrivata..Strano, anche la zia di Caterina parla allo stesso modo,
stessi errori .. e poi una presenza strana tra le sue amicizie..si nomina la mafia, il patrino.. un titolare di casse funebri.
.personaggi che ritorna-
no anche nell'account di Sara.Alle varie domande , nessuna risposta, e poi: sta chiedendo troppo, poi la Cate-
rina zia scompare.. ed al suo posto c'e' Sara.. stessa foto di Caterina.
Quando la mamma telefona al parroco e chiede del funerale, le viene risposto che non è morta nessuna ra-
gazza, solo una vecchietta di 90 anni.Allora si sente presa in giro, scrive un messaggio su quell'account e riferisce quello
che aveva scoperto.
Rispondo io:Sara
dico che non doveva indagare , che fa troppe domande Caterina è morta davvero anche se non ora, ma è
una storia vera.
<<Io mi trovo in una comunità , ed ho creato questa storia solo per passare un po' di tempo.
Io , sono Sara ho diciassette anni, devo fare ancora un anno poi uscirò o se vorrò potrò restare ancora,
ma dove vado? Da mia nonna? Mio padre non vuol saperne di me, lui ha la sua famiglia non vuole drogati
tra i piedi.
Ho trovato mio padre su internet ma non voglio farmi riconoscere, per lui, anche se muoio non importa
io sono già morta per lui.
<<Da mia nonna a fare cosa? Mia nonna non ha più casa è in un ospizio ed io , dove andrò? Qui sono in
compagnia, ma devo stare attenta alla prima punizione mi sbattono a Napoli e da li usciro' forse solo morta,
difficile superare , difficile resistere.
Giuseppe è stato punito, lo hanno sorpreso con il cellulare ed ora è a Napoli, se in vacanza andremo a Napoli
forse lo vedrò, ma intanto ho altri ragazzi che entrano la sera e ci divertiamo.. il tempo passa.
-Io scrivo sempre alla mia mamma adottiva e lei si è affezionata a me.come potrete constatare , Caterina e Sara
stessa identità , stessa storia..ma è la mia storia. Io sono Caterina , io sono Sara io sono ancora viva ma per quanto?
La mia mamma vorrebbe vedermi, quando andremo in vacanza passerò con il pullman dalla sua città,forse
la vedrò, ma lei no ..non dovrà vedermi, ho troppo vergogna di farmi vedere da lei.
la mia mamma ha scritto una poesia per me ed io l'ho messa sulla mia bacheca,
Per un po' non c'e' più corrispondenza tra di noi , passa qualche mese prima che io torni a scrivere.
Dico che sono uscita dalla comunità , sto con un uomo molto più grande di me...
il mio uomo è lo stesso che appare nell'account come gestore di un'impresa funeraria.
Spesso sono sola, lui scompare per giorni interi ed io non ho neanche un pezzo di pane ,poi lui torna
e mi fa fare un lavoro che gli farà guadagnare molti soldi.
La sera si collega con altri uomini e donne, mi fa spogliare, si spoglia anche lui e ci mostriamo.
Mi fa dei filmini in posizioni oscene, mentre faccio l'amore con lui e questi filmini poi
li manda alle persone e loro glieli pagano.
Il mio viso non viene mostrato, ho sempre un fazzoletto che mi copre.
Scrivo anche al mo papà , dico che lo voglio vedere , ho il contatto del mio amico
e glielo do ,mi piacerebbe avere un rapporto con lui , lui mi rimprovera accetta
il mio contatto ma quando apre vede me che abbasso le mutande.
Richiude immediatamente e mi insulta , poi chiama sua moglie ed anche lei mi insulta,
non vogliono più saperne di me.. io reagisco male dico che è invidiosa di me.. che lei è
vecchia ed io sono giovane.
Lei mi cancella e lui pure ma prima lasciano un messaggio.. non dovevo piu' contattarli
per loro ero già morta.
Sono passati tanti mesi il mio account e' fermo, non ho più scritto niente .. resta solo
la poesia che era stata scritta per me, quella non l'ho cancellata..
Ora sono sempre Sara , ma con un cognome diverso.. chiedo l'amicizia alla mia mamma,
e lei accetta.. evidentemente non ha guardato nella mia bacheca.
Le mando un saluto in chat ...ciao
e lei risponde.. ciao
poi : cando scrivi una poesia mi la mandi?
-E' il mio modo di parlare e lei subito capisce. Mi assalta....
non posso mentire .. le dico che non sto più con il mio amico , dopo una crisi d'astinenza
sono stata all'ospedale dove tra l'altro mi hanno riscontrato delle cisti alle ovaie,ho sempre emorragie.
Sono tornata in comunità, è l'unico posto dove potevo andare, è questa la mia casa,
ora ho diciotto anni.Quando uscirò? Non lo so spero che Dio mi prenda con se, sto sempre
molto male.
La mia mamma mi ha perdonata ora mi scrive, mi ha dedicata un'altra poesia, mi dice che devo avere fede ,
che guarirò ed un giorno potrò vederla, dice che ci penserà lei a me,ma riuscirò a vivere?
Ci sarà un angolo di terra anche per me?
Il cielo accoglie tutti anche una piccola drogata come me.
Lassù troverò il mio Angelo, il mio bambino mai nato,
la poesia è come l'altra sulla mia bacheca.