Ti ho innalzata così
come un pugno di sabbia
che doveva scordarsi la battigia
Lanciato verso un orizzonte infuocato
metà tregua e metà guerra
Ecco, ti ho lanciata nel niente

Non ho attinto il palmo
lasciandoti scivolare come un serpente
ad emulare le mie vene
come se il polso fosse uno di quei vetri
polizieschi da cui solo i buoni possono vedere

Ho alzato gli occhi lasciando che il solletico
Ma quello di un attimo, solo di un attimo
mi ricordasse un'estate col sole

Con i bofonchi ad assaltare le tavolate
e le risa ingenue
di novantenni col bastone

Ti ho innalzata come un fantasma,
come il velo di una tenda opaca
che dice e non dice
quand'è finita la notte

Nell'ingarbuglio di una stanza antica
perché ormai sorda al progredire del mondo,
al sentire il suono metallico del riciclo
di idee e di intrugli melmosi di pensieri

Ti ho sollevata come un figlio sottopeso,
con una mano; un angelo custode
mai ascoltato e stanco del suo lavoro
ma qualcosa ho sentito.

Per questo ti sto lasciando cadere,
ritornare alla sabbia
e mai più riuscirei a distinguere
un granello della tua voce
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Profilo Autore: Nicola Matteucci  

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