Leggendo libri d’altri tempi
nacqui alla vita, alla mia terra,
alla poesia e anche alla pioggia.
In strani cortili
tra muri solitari
tra muri solitari
imparai la prigionia dell’aria,
l’odore del fango
e la durezza della roccia.
e la durezza della roccia.
Di costellazioni fragili e sconfitte
sembrò essere il mio nome,
senza doni, né docili conquiste.
Immensa solitudine capivo,
senza saperne origine e motivo;
che strana polvere,
sostanza delirante,
sostanza delirante,
da sempre mi trascina
come fossi acqua errante,
come fossi acqua errante,
come fossi spiga delicata,
distesa, piegata, sospesa.
Nell’aria tremante mi posa,
senza sosta, nè calore,
e mi lascia sempre lì,
dove mi duole il cuore.

Commenti
LIETA SETTIMANA, ANGELA.
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è scoperto il nervo/ e l'anima è il servo dei re, l'amore/ è gorgo, porgo le scuse al dolore/ è stato un errore sognare, c'entra l'età/ la pietà
di se stessi, la dura realtà.
Pregevole per ciò che desidera comunicare. Complimenti! Un saluto, Grace
Molto coraggio in questo testo, molta sincerità verso se stessa.
I versi si susseguono nel tema proposto senza mai deragliare verso diverse direzioni e ciò dimostra la convincente iniziativa di scrivere anche di cose poco gradevoli ma vere.
Recarsi all'interno della propria sfera introspettiva è sempre un atto che comporta rischi ma la poesia contiene, tra le tante sue prerogative, la sacca dei nostro essere stato e del nostro voler essere.
Brava più del tuo solito in questo tuo tuffo all'indietro.
Ciao Hera*
Aurelio
Credo sia una delle tue poesie più belle o forse, semplicemente, quella che più comprendo, vicino al cuore, sincera.
Un saluto.
Anto