Una volta ho sentito dire che terminato un brutto periodo ne sussegue uno decisamente migliore. “Che cazzata!”. Pensai esaminando la mia condizione. Stavo vivendo uno di quei momenti di incompletezza totale, dove l’unica cosa che vorresti è l’abbraccio di un amico. Non mi sembrava di chiedere molto, ma nessuno tra tutte le mie amicizie amava mostrare i propri sentimenti. Chiamali amici : quando decidono di farlo, ti scrivono solamente se hanno qualche bega da risolvere; nessuna proposta per uscire a bere qualcosa insieme o passare una serata a chiacchierare. Quando le tue amicizie scelgono di percorrere la propria strada, ci si ritrova con “amici” single che da poco hanno lasciato la ragazza (o che sono stati scaricati). Da qualche tempo Andrea faceva parte di questa categoria. Partecipai con lui ad un evento che si tenne in una giornata tiepida ma poco soleggiata. A partire dal 10 settembre, in quel di Mortara, si svolse la Sagra Dell’Oca  : cortei, bancarelle di prodotti tipici, sbandieratori e un marasma di gente senza precedenti. Nell’anno 2016, dati gli impegni lavorativi, decidemmo di assistere solamente all’ultimo giorno di festa, ovvero il 25 settembre. In sua compagnia, guidai la mia macchina ansioso di raggiungere la meta. Nei pressi di Gravellona Lomellina si presentò alla nostra destra un vecchio cancello. Osservando di sfuggita la ruggine che lo ricopriva, non decifrai esattamente da quanti anni poteva essere chiuso. Tra battute e imbarazzanti imitazioni, ricordai quel pomeriggio. Era un sabato uggioso; la classica giornata in cui l’unico rimedio alla depressione è quello di bere in un bar con gli amici. Sorseggiando birra in compagnia di Tano, Dario e Lino, discutemmo sul da farsi della serata. “Andiamo in discoteca!”. Propose Dario. Solamente ad udire la parola “discoteca” la mia pelle fu percorsa dai brividi. Tano e Lino sembrarono non aspettare altro, considerando la proposta alquanto eccitante. Dopo il mio rifiuto cercarono in tutti i modi di convincermi.

La loro insistenza durò circa mezzora; alla fine ci riuscirono. Unico inconveniente : non avevo nessun abito adatto per entrare al VisViva.

“Nessun problema”. Disse Lino. “Ci penso io!”. Il mio amico si offrì volontario a recarsi a casa mia per cercare dei vestiti. Rovistando nei cassetti della mia stanza finalmente trovammo l’abbigliamento. Non ricordai nemmeno di possedere quella camicia e l’imbarazzante maglione giallo.

L’impatto con il mondo discotecaro fu pessimo : dopo soli quindici minuti non vidi l’ora di essere sotto le coperte in compagnia de “Il Libro Degli Spiriti” di Allan Kardek. Quando ci si trova in posti del genere, l’unica soluzione per allontanare il disagio è quella di attaccarsi al bicchiere. Quando i soldi per le consumazioni finiscono è un casino : ti trovi a vagare senza meta evitando quelli che ti vengono addosso ballando quella musica ridicola.

Puntando lo sguardo verso i divanetti ai lati della pista, mi accorsi che vi era un’altra persona nelle mie condizioni : sola ad osservare quella bolgia assurda. Sedendomi poco distante, non osai nemmeno pensare di rivolgerle la parola. La mia intenzione fu quella di osservarla più da vicino, dato che in quel chaos di riflettori le facce apparivano confuse. Sentendosi osservata, lei si alzò dal divanetto. Come impaziente di prendere una boccata d’aria, la vidi dirigersi verso l’uscita. Non potevo lasciarmela scappare così; tra spintoni e insulti sottovoce al “popolo della notte” finalmente giunsi all’esterno. Fuori dal locale la situazione non cambiò di molto : persone ammassate in ogni angolo con tanto di sigarette e cocktail tra le mani. Non vedendola pensai di averla persa per sempre in tutto quel casino. Mi sbagliai : osservando l’unico spazio libero, la rividi magicamente. Il suo dolce corpo questa volta era appoggiato ad un colonna bianca, alle sue spalle il buio della notte. Quando mi avvicinai a lei per la seconda volta, decisi di adottare serie intenzioni. Se non mi avrebbe risposto fa niente, me ne sarei tornato dentro a vegetare. Con l’agitazione alla massima potenza mi sfiorò l’idea di lasciar perdere, ma non potevo rinunciare; troppe occasioni perse.

“Sei stata trascinata anche tu?”. Già mi ero pentito di averle posto una domanda simile.

“Come?”. Quanto amore in quello sguardo interrogativo.

Non sapevo se ero in grado di ripeterle la domanda : “Trascinata. I tuoi amici ti hanno trascinata qui?”.

“Ah… si, esatto”. Anche il sorriso appena accennato era stupendo; I lisci capelli rossi accuratamente raccolti, lo erano ancora di più.

“Io sono Stefano”.

“E io Carol”. La sua mano era fredda, tanto fredda.

“Posso offrirti qualcosa da bere?”.

“Non disturbarti”. In quel momento sembrò più interessata a messaggiare al telefono.

“Beh è un piacere”. Le dissi sorridendo.

“Hai davvero voglia di ritornare in quell’inferno?”.

“In effetti… ripensandoci, non capisco come certa gente possa divertirsi in questo chaos”.

“Non dirlo a me, se non fosse stato per il compleanno di Cristina mai e poi mai sarei venuta qui”.

Per mia gioia il discorso proseguì e scoprimmo di avere gusti musicali molto simili. Anche se ci conoscevamo da pochi minuti, il desiderio di baciarle le labbra fu dietro l’angolo. Quanto avrei voluto trasformarmi in una delle sigarette che delicatamente aspirava e consumava con classe.  

“Non ti ho ancora chiesto di dove sei”.

“Abito a Semiana”.

“Non conosco, dov’è?”.

“Un po’ distante da qui, ma non ti perdi niente. Qualche casa diroccata, qualche agriturismo”.

“Dici poco, adoro la Lomellina”.

“Non dovevi girare a destra?”. La voce di Andrea mi riportò alla realtà.

“Si… hai ragione”. 
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Profilo Autore: luke676  

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