“La speranza è il solo bene che è comune a tutti gli uomini, e anche coloro che non hanno più nulla la possiedono ancora.”
(Talete)
Tremo sempre
ma tu non lo sai,
a te non preoccupa
il freddo degli altri;
e quel tuo sguardo
e quella tua voce
questa volta
mi hanno
ferito.
Tu lo sapevi Iris
che il tuo messaggio
sarebbe stato funesto
e che presto i miei giaggioli,
rari come il color dell’ametista,
avrebbero ospitato
la muffa verde,
e che a breve
sarebbero
seccati.
Tu lo sapevi Iris
che le tue grandi ali dorate
ti avrebbero portata lontano da me,
e che seduta sull’arco di un arcobaleno,
ti saresti rivestita di rugiada,
dimentica delle pene
di un bulbo
che piano
avvizziva.
Ma non sono ancora esanime:
come vedi i miei rizomi
sono viola porpora
e la loro fragranza
è sempre la tua.
Anche se presto
sarò polvere cosmetica
e le mie radici rimedi medicinali,
non lo dimenticherò mai
signorina Arcobaleno,
di aver anch’io
(da fiore)
amato
i tuoi colori
che sfuggono,
la tua evanescenza.
La canicola che riscaldava la mia linfa,
era però un parafulmine precario:
un dolcissimo palliativo
per una affezione
che neppure tu
hai potuto
curare.
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