Nel mio bicchiere verso spesso un liquore,
un pregiato elisir che ha un nome solo,
che al cuore dà gioia e mai tanto duolo,
che alle menti depresse toglie il torpore.
Quand'io nacqui una bottiglia fu aperta
da mio padre, che con voce un po' incerta,
ma sorridente, con mia madre brindò
e con gli occhi al cielo tosto esclamò:
" Alla salute di questo piccolo fiore! ".
Allorchè crebbi e maggiorenne divenni,
così mi disse con mestizia nel cuore:
" Se la tua vita fosse avara e tentenni,
bevi, o figlio, di questo dolce liquore,
della stessa sarà più tenue l'agrore ".
Io non volevo gustare quel miele,
ma un triste giorno il dolor m'assalì
e con esso in bocca il disgusto del fiele.
Allor frugai e una bottiglia apparì
di liquido piena, ma solo a metà.
Tosto l'apersi e con cura versai,
indi le labbra al bicchiere appoggiai
e ne bevvi un poco con ansietà.
Attentamente gustai la bevanda:
divino quel nettare aveva il sapore.
Mi diede gioia e tanto fervore
quella sostanza di nobile pianta.
Bevvi d'un fiato e poi bevvi ancora
non più nel calice versando il liquore,
ma la bottiglia, tracannando, svuotai.
Or bevo spesso e non smetto mai.
Vivo da ebbro, ma non sento dolore
e nei miei giorni più avari, talora,
innalzo il mio calice con devozione
al vecchio elisir, che ha nome Illusione.
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