Coi dovuti ritocchi
saresti nata già via
e portati altrove
divano, Cristo
e ogni croce.
e ogni lago disumano
sublime metafora accantonata
anitra zoppa per i ghignosi
Un altro modo di dirsi: "Adieu!"
o rivederci alti fra le tombe
d'un immolato campo santo
all'ombra del cipresso
discutendo allora
di ciò che fu
mio e tuo lasciato alacre
in scatole di laghi marci
o solinghi abituri
o in canali inquinati di zolfo e d'ogne specie di scarto
un pò cozze viandanti
rumorosi intrugli
da soddisfarsi tra silenti,
vocati piano paradisi
d'oceanica miseria.
Onde tu gia sguazzi
onde tu provi a volteggiare
a inzuppare le zampe in pozzanghere
luminose
eppur bagnata io esco dall'acqua
e la mia piuma zampilla
Ché appartenere è povero,
quanto stagioni compassate
a professarsi il rema
su chissà che scriverebbe
Salinger di noi anitre
rimaste via dal lago di ghiaccio
e dai tumulti del chiedersi,
appena tramonti l'ombra,
un aporico dubbio,
alle catene del vasto grave
tombato tra le fronde
del tuo corvino e d'altri spazi
capillari e cigliari.
Ma il tattile è un arbitrio di scommesse,
passante vetri sulle mani;
taglia e stanca quanto l'ultima sconfitta
o la prima volta che decidi il tuo rumore,
silenziando la densità spenta
e destando sospetti
a quell'ingrata finitura d'identità sparse.
Ma poi una ad una ci specchiamo
nel lago narcise
decise
anime fragili
pennuti volatili a metà
del mondo ch'io
ho vissuto gia.
saresti nata già via
e portati altrove
divano, Cristo
e ogni croce.
e ogni lago disumano
sublime metafora accantonata
anitra zoppa per i ghignosi
Un altro modo di dirsi: "Adieu!"
o rivederci alti fra le tombe
d'un immolato campo santo
all'ombra del cipresso
discutendo allora
di ciò che fu
mio e tuo lasciato alacre
in scatole di laghi marci
o solinghi abituri
o in canali inquinati di zolfo e d'ogne specie di scarto
un pò cozze viandanti
rumorosi intrugli
da soddisfarsi tra silenti,
vocati piano paradisi
d'oceanica miseria.
Onde tu gia sguazzi
onde tu provi a volteggiare
a inzuppare le zampe in pozzanghere
luminose
eppur bagnata io esco dall'acqua
e la mia piuma zampilla
Ché appartenere è povero,
quanto stagioni compassate
a professarsi il rema
su chissà che scriverebbe
Salinger di noi anitre
rimaste via dal lago di ghiaccio
e dai tumulti del chiedersi,
appena tramonti l'ombra,
un aporico dubbio,
alle catene del vasto grave
tombato tra le fronde
del tuo corvino e d'altri spazi
capillari e cigliari.
Ma il tattile è un arbitrio di scommesse,
passante vetri sulle mani;
taglia e stanca quanto l'ultima sconfitta
o la prima volta che decidi il tuo rumore,
silenziando la densità spenta
e destando sospetti
a quell'ingrata finitura d'identità sparse.
Ma poi una ad una ci specchiamo
nel lago narcise
decise
anime fragili
pennuti volatili a metà
del mondo ch'io
ho vissuto gia.