Spettro è l'attimo e nell'anima si fonde
oltre fiati tipizzanti e fari al molo
i latrati che falcidiano l'erba del mio essere
e il respiro, lievità, la sinusite vince
e destrezza normale soffoca
il dolce mio ronfare
di brume e pallore di presenze
in fumosi disastri brevi; Lievi cieli
e grevi ampiezze di spazi misurati
mentre giocano ad amamzzarsi
i sentimenti più sghembi
spazio corazza tu,
essenza sopraffino, mio me stesso
che vivi in me nell'alto profondo abisso
nel giardino del dolore gioioso
nel vetusto, logoro abisso, nella penombra alla luce del sole
per cui muovi il metro più nudo
o la fuga al punto del mio continente.
Eburnea crostale, verso i fiumi che sfociano all'oceano
su ebbrezze tavole da cavalcare l'onde
rapida in febbrile duranza , m'abito in fretta in me
m'offro da bere e fumare
come chiostri e limiti scapolari di nero.
Nero come l'eclissi della luna, del sole, della mia vaga atrocità
dal toracale al senno, al folle sentimento nuovo
di noi vita d'attimo, noi esiziale affondo
nel guasto d'apogei in maceria infinita, tra banchi di lavoro
e disossati amori imprevisti
o pionieri d'un denso liquore di me stesso divenire o
essere solido,
endemico buio siderale.
Tra galassie sconosciute che non s'attraversano
mi inebri di silenzio razionale
che sa urlare nelle mie
ore di vita. Circa 25 al giorno
per passare ad essere poi
tenera
cenere
rovente
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