Immerso nel fiume
Nasce in me un ritmo tribale,
Primitivo e ruvido.
Ritualità notturna da Indiani dimenticati,
cresce in me: trascinante.
Aumenta aumenta.. Aumenta
Fino a diventare vibrazione
Suono velocissimo
Che mi travolge
E mi scatena.
E ballo sopra i fili
Tesi di fronte a me
In bilico, a strapiombo
Sull'eternità.
Volevano solo decorare il traguardo per il vincitore con delle siepi,
ma da quelle siepi spunta sempre chi bara sulla linea.
Corrono quasi tutti alla fine:
spiegano i polmoni come dei paracadute
per le vertigini senza fiato;
ma loro sbucano da lì.
C'era quello impacciato che è arrivato primo contro se stesso,
c'erano canottiere bianche senza marca e numero
(nessuno si ricorda di chi sgobba così)
e c'erano i vecchietti con l'asta per il binocolo.
Alla fine vince chi scavalca la siepe.
Grassi e idratati, tagliano la linea con un sorriso curato
per i fotografi e le fotografe. Guai agli incavi, alle fosse,
alle lodi e alle dediche ai taxisti che proliferano nelle fotocopiatrici.
Loro hanno vinto. In furbizia.
Un fiore crea il Sole ogni mattinale forma,
cos’altro saprebbe un petalo
se non che l’esempio di luc
fu il suo dono al mondo,
vuoi giudicare questo volto
che mai deruba il tuo istintivo gesto?
Ogni corpo ha della sua orma una definita immensità.
Svanita, in fondo al viale
invisibile
silenziosa
in uno schioccar di dita
l’insistente promessa
Svanita, come bruma
del levante mattino
restia
vergognosa
la fuggevole età
Svanita, come acqua
nel deserto
come abisso
quasi come penombra
la forza della mente
Svanita, come folla in piazza
con timore
quasi con vergogna
la sobria caparbietà
delle ragioni
Svanite e raminghe
stamane mi ha svegliato
e d’incanto ho ritrovato
i miei versi smarriti,
ov’erano finiti
o nascosti in attesa
di un dolce cinguettio
mattutino d’aurora
non so;
ma l’anima sospira
e riprende a sperare
librandosi respira
e comincia a pregare.
Mare di note ritmi e tempi, su onde di pentagrammi
giovani, ingialliti o spenti
Accompagna l’aria e la cambia nel suo viaggiare
accarezza la natura, nel suo volteggiare
Gabbiani affamati
cantano dietro il peschereccio
mentre sulle vele, fischia il Libeccio
La musica porge quella spalla
che non poche volte, ci tiene a galla
Filtra nella testa ed ammorbidisce il cuore
e le parole che ne escono
la trasformano in canzone d’amore
Lei non muore e ci sostiene, finchè c’è del sangue nelle vene
Spesso non la consideriamo e non l’amiamo
perché dal nostro mondo, ci tiene lontano
Se stiamo attenti e siam fiduciosi, la musica ci chiama con gesti affettuosi
Lo fa solamente per ricordare, che qualche volta è bello
andarla a cercare
In fondo la musica, come altre cose, ci fa vedere solo le rose
Se poi nel toccare, sentiamo le spine
ogni altra nostra voglia, giunge alla fine
Apriamo il nostro vivere, anche a questo piacere
di cose belle ne potremo trovare
Dolce sentire e soave ascoltare
con questa musica impareremo a volare
e le guerre stellari provocavano esodi in massa
da Tiffany e PhotoArt agli alimentari
le chimere sovraffolavano le galere.
A questo punto il microchip della scimmia da dopoguerra contaminata
la condusse a sperdersi ove il fuscello resisteva al Sahara globale.
Io riflettevo che pagare l'Australia
era un abuso di migrazione per la rondine da fotogramma
e il gabbiano da discarica.
Se non ti sai perdere dal solco di culo di sedia
al supermercato meno scontato
potrai sempre vincere 3 turista per sempre
e giocare all'InterRail, tra Instagram, Amsterdam
e una sigaretta fumata a sfumare l'alba
Un ventaglio d'emozioni
che sventagliato dà il suo caldo vento
Neanche un battito sconnesso
dopo che quel vento si è levato dalla trachea
come da una canna fumaria
Capitemi, non state a sentire ciò che dicono le mie mani
La psicopatia di un animale che parla di emozioni
come se loro avessero ucciso lui e non lui loro
Capitano, quale capitano
congela il suo mare con un sospiro bollente?
Capitano, Capitano: questa nave d'argento sul ghiaccio
per la vergogna non può neanche affondare
si allontana il ticchettio dei passi.
Mille di mille lanterne formano le fiaccole
del riposo eterno ed è silenzio.
La tua anima passeggia tra quei viottoli
nel buio della notte.
T’immagino lì,
nel tuo elegante vestito
dondolando tra i passi tuoi,
i capelli gellati,
le sopracciglia corrugate e una mano in tasca,
ti giri,
sorridi a labbra strette e te ne vai.
Dimostrano che esisto
Io cado e insisto
Le cose che dimentico
Dimostrano in astratto
Che di nulla sono fatto
Le cose migliori
Le ho lasciate a domani
Si annidano tra le mie mani
Sono stato lontano dal sole
Sono stato un profeta del buio
Un archetipo tra le parole
In mezzo a mille passaggi
Vicino a niente
Ovunque nei paraggi
Le cose che ho fatto da un mese
Hanno un nome
Non hanno pretese
Le cose che ho fatto in un giorno
Sono tempere già sciolte
E spogliate dell’intorno
Le cose che ho scritto
Si impongono per il tono
Non significano affatto
Non trascendono
Si trattengono
Si assaporano al tatto
Si colorano col suono
Il rumore cade. Fitto.
nei soliti momenti
di silenzio e pensieri lucidi
la luce soffusa
del fuoco nel camino
e il calore del pile
coccolano un corpo stanco
raggomitolato sul divano
e annoiato
dalle immagini
che passano alla tv
e non suscitano interesse
Qualcosa di insolito
attira l'attenzione
una strana sensazione
il battito accelera
si siede di scatto
e i brividi
iniziano ad avvolgerla piano
dai piedi
lentamente
fino al viso
Stretta nella coperta
come scudo
un passo avanti
un movimento veloce e deciso
accende la luce
il silenzio è palpabile
ferma ad ascoltare
resta immobile e in attesa
ha freddo
La paura pervade improvvisa
come è sempre più forte
la sensazione
nel sentirsi osservata
da una presenza
ma invisibile agli occhi
che scrutano attenti la stanza
Una sedia fa rumore
una carezza leggera ai capelli
come un soffio
e trema il corpo
il respiro si affanna
al palpitio
sempre più veloce del cuore
il nulla intorno
Stringe più forte a se
la coperta
fatica a respire
chiude gli occhi
le mani tremano di più
è in un lago di sudore
Apre gli occhi
non sente più freddo
la sensazione svanisce
velocemente
la paura resta
e per qualche minuto
cerca di capire
mentre il calore riempie
di nuovo
la stanza illuminata
non ha spiegazioni
è stato un attimo
un interminabile istante
di paura
t’innalzi su esili fili
a sondare innaturali spazi,
quindi scrosci su di noi
come torrente di primavera
che corre impetuoso
verso valle.
Sulle invisibili trame
del tuo gioco sottile
spesso s’invola, rapito,
il mio pensiero….
E nella forza serena
della tua voce antica
ritrova la pace,
ch’alfin discaccia
l’insulso fragore
delle umane cose.
non riesco a riempire di nero
il bianco del foglio,
i fiori del bene son secchi
i sorrisi di bimbi son spenti
le mamme la sera non stanno
con loro facendo la nanna,
tremendo è il fragore di bombe
che stanno arrivando
impietose su luoghi di morte annunciata.
Terribile idea che tutto cancella
nel cuore trafitto da spade
di pura follia.
Venezia si incanta
Gioielli di carne e di oro
Fan mostra sull’altra laguna
Lontana dai brulli deserti
Ove forse si sta preparando
La fine del mondo.
Non riesco a dormire stanotte
Pensando all’umana pazzia
Che tanti innocenti domani
Potrà cancellare.
concentrato sui piedi,
mi improvviso
marinaio:
è il nodo
perfetto...
Sono attraccato,
con il cappello girato,
la ciurma è assente:
il telefono è scarico...
A guidarmi
son le vele,
come già passeggia
il lor piantone:
è soltanto
una brezza campagnola,
la criniera
già scuote
a ritmo degli zoccoli;
accade
l'impensabile...
La macchia
di adrenalina
vien
sulla scialuppa,
dove io
mi concentro
e mi lascio remare,
dagli erbioni sudati...
Spavaldi
mi stringono,
mi avvolgono
e mi freddano,
al bruciore
del giallo rovente...
Rimango aggrappato
al famoso laccio:
stretti
cervello e polmoni,
non mi stoppano
le ancore...
Stringo la destra,
un cartone
al pilastro
e riparto:
la bussola
manda al nord,
a pochi passi
dalla ciurma vincente...