Salivo scale verso un’altezza
indefinita per lasciare indietro
emozioni rattrappite dall’obbedienza
salivo verso un Olimpo di immagini sfumate
di divinità che si accostavano all’uomo
senza sopportarne il peso della sua coscienza
salivo ancora verso un infinito indefinito di luce
a cui non importava nulla di ciò che gli Dei pensassero
o facessero
illuminava semplicemente la via da percorrere
rendendo luminoso anche il più nero degli abissi interiori
salivo finché le stelle non circondarono il mio sguardo
e la beatitudine di una volontà superiore
mi prese portandomi là dove la ragione si ferma.
Rispetto le tendenze, anche io aspetto il Natale,
è di un dolce l’aria di buono suggerita dal cielo,
anche i più apprezzati sensi dell’anima,
cambiano colore in base
alla dolcezza dell’Evento!!
Sdogo tutti i sogni ormai freddi,
della stagione invernale, e mi lego alle riflessioni,
necessarie, il Natale, dà ancora una mano!!
se resto un pò in silenzio ad ascoltare,
offre un bonifico di forze necessarie
l’invito a decidermi a fare il gran passo,
diventando più buono e disponibile,
per dare una mano d’aiuto ai fratelli!!
corona di stelle risplende
come sole dal tuo capo.
Tu che amore hai dato,
d’amore in silenzio hai sofferto
per l’unico tuo figlio
dono di Dio a cancellare
il peccato d’un mondo ingrato.
Sempre nei cuori di chi t’ama,
vivi come l’aurora in preghiere
di un coro che ti canta per placare
con lo sguardo tuo di pace
le inquietudini e le sventure.
Abbraccia ancor questi tuoi figli
con speranza e grazia,
possano in te trovare luce e armonia.
In Assisi
il cielo si inchina all’Uomo.
Di corporea pace
l’ulivo s’invaghisce.
Su, per l’aere toccato da Dio,
s’intensificano battiti d’ali.
Pane, amore e frenesia di Fede
rilasciano echi in opulenta casa
ove preziose stoffe scolorano.
E trema anche un padre
al cospetto d’umano miracolo.
In assise
chiederanno più lumi a quella candela
capace di non spegnersi mai…
Ti vengo a cercare
tra i corridoi della terra,
tra le presenze dell'infanzia,
dove le voci familiari
consumano l'assenza.
La solitudine si posa sui rami
come una colomba bianca,
e canta fra i rimpianti
con un suono che raccoglie l'alba
nella memoria e...
tutto quello che mi sfiora
ti somiglia.
Solo vento...
T'accarezzo l'ombra
e più non sento il vuoto
della vita;
il tuo profumo è un passaggio
di nuvole piene di clemenza,
e la distanza sfuma nella pelle...
irreversibilmente.
Sempre vento...
Fin dove finisce l'inverno,
per essere sempre tramonto
in questo cielo stanco,
e forse un ricordo,
l'unico che germoglia
quando ti penso.
se il tempo che scorre
e gli eventi avversi
ci fanno sentire
inadeguati e avviliti;
ma forgiamo il diamante
grezzo che è in noi.
Dei nostri capelli bianchi.
facciamone fili d'argento,
da adagiare di notte
sul mare.
Delle nostre rughe
facciamone piccole
piegoline di bronzo;
in cui conservare
i ricordi più belli.
Dai nostri momenti
di gioia,
facciamone rubini
e pietre preziose;
per inanellare abbracci.
Delle nostre lacrime,
facciamone avorio
per creare sorrisi.
Delle altrui imprecazioni,
facciamone lance d'oro
da lanciare nel vento.
Siamo scrigni:
dei nostri forzieri pieni
di oro e pietre preziose...
facciamone tesori.
Dopo aver forgiato
il diamante che è in noi...
illuminiamoci....
...e splendiamo.
Croce di passione
affamata
tra le genti del mondo
affondi il passo
affannata
elargendo parabola
Tra rovi e spini
la tua carne lacerata
a fiotti sgorga
sangue come sorgente
a purificare l'anima
palustre
Indegno
appare il sacrificio
di tale bonifica d'Amore
Buona Pasqua a chi si sente perso,
legato mani e piedi a una speranza
che mai e poi mai mostrerà la faccia.
Buona Pasqua ai tanti sventurati
trafitti dai chiodi di felicità smarrita
perché in cerca dei nuovi sogni antichi.
Buona Pasqua a tutta quella gente
che vuol risorgere da questa vita
per costruire vita almen migliore.
Buona Pasqua alle buone volontà
capaci ancora di voler sorridere
all’indifeso bimbo che sorrisi chiede.
Buona Pasqua a poeti e poetesse
che scrivono parola dietro l’altra
per emozionarsi ed emozionare un po’.
è il richiamo della casa di Dio,
Il richiamo arriva da un campanile,
si vede la punta dal mio cortile.
Su di esso svetta una croce,
che parla senza aver la voce.
Il ritmo delle campane è forsennato,
che suonino a festa appare scontato.
Un paio di signore vedi passare,
qualcosa sono intente a raccontare,
poi una si dirige verso la Chiesa,
l'altra non la segue perchè ha in mano la spesa.
Intanto fuori temporeggia il sacrestano,
attende il parroco mani in mano.
Gli uomini in piazza odono il suono con poca attenzione,
di certo non parteciperanno alla sacra funzione.
Ma essi di sicuro sanno bene,
che oggi un buon pranzo allevierà le loro pene.
Una vita di speranze mancate, incertezze disattese di corrotta sicurezza.
La vita non è come sembra esser stata fatta, si evince nella notte che l’ombra non esiste, che le cose non ci sono, tutto è vano nel divenire eterno.
Perché quindi disperarsi del vivere terreno, non c’è luce che ci basti a salvare le anime perse nell’oblio disadorno di questo eterno.
Buchi ci sono nell’anima, mancan parti di sostegno, mi accascio su me stesso.
Ho le ossa spaccate dalla neve esteriore, la polvere interiore mi opprime ogni respiro.
Aria, mi serve, aria pura di stagione con la rabbia del dolore; mi opprime.
Mi opprime questa convinzione di una diffusa empietà,
Mi stringe il cuore, mi offusca il pensiero, questa incapacità, di lasciare andare.
Libertà, di pensare e scagliare tutto dove deve andare senza aspettare. Lascia! tutto se ne andrà.
A casa torneremo, soffrire non è eterno.
Maria dopo aver assistito sua cugina Elisabetta
al parto del futuro Giovanni battista tornava a Nazareth.
***Doppo finiti li festeggiamenti,
cor pensiero che Peppe stava solo
Maria se fece li bagaji ar volo
s’accommiatò da tutti li parenti,
l’abbracciò tutti, e ne lo stsso giorno
Maria prese la strada der ritorno.
*
Tornava verso Nazaret, ner mentre
pensava ar fidanzato suo Giuseppe:
-Povero amore mio, chisà si seppe
der frutto che me porto drento ar ventre;
chisà si crederà che è stato Dio
a mette’ er frutto drento ar ventre mio?-
*
Ma Giuseppe, che nun sapeva gnente
ner vedella ariva’ gonfia in quer modo
je disse: -Nun vorai che io te lodo!?
Anzi, me pare che sia propio urgente
fatte sape’, che fin da ‘sto momento
dovrai scordatte der fidanzamento.
*
Me dispiace d’avette tanto amata.
Ma er colpo che m’hai dato a tradimento
è tale da fa’ perde’ er sentimento;
è assai peggiore de ‘na cortellata.
Peccui, datte da fa’ cara Maria:
te pe’ la srada tua, io pe’ la mia!-
*
Ma quella stessa notte ‘n mezzo ar sonno
un angelo, mannato dar Possente.
Je disse: -Senti, e tiello bene a mente:
le malalingue certo che nun pònno
fatte crede’ che se trattò de corna.
Abbi fiducia, ‘sto pensiero, storna.
*
Stamme a sentì, nun ave’ prescia, aspetta:
Maria tra tutte è stata la prescerta
e solo Dio der celo l’ha coperta;
questa è la verità! Su, damme retta.
Peccui, quer frutto che j’ha rigalato
nun se po’ di’ che è frutto der peccato.
*
Perciò Maria rimane sempre pura!
Contentete a fa’ er padre putativo.
Mo che t’ho detto quale fu er motivo
abbi fiducia, nun ave’ pavura.
E’ Dio che der destin traccia le bozze
credece! E mo preparete a la nozze.-
*
Rispose Peppe: -Vojo ave’ fiducia.
Si è come dichi te nun me riposo.
Cerco Maria, la pijo e me la sposo
pure si un tantinello me ce brucia.
Poi si fu Dio a fa’ ciò, sai che te dico?
Si se pò fa’ ‘n piacere a un granne amico
*
nun è Giuseppe che sta su le sue.
Perciò te dico, prima che sparischi
vola dar Patreterno e riferischi
che adesso se sposamo tutt’e due
e alleveremo co’ umirtà e co’ amore
quello che sarà er fijio der Signore.-
*
E poi ricconta ancora er testamento:
appena ricevuto er sacramento,
li staveno a aspetta’ pe’ er censimento.
E fu così che, sverti come er vento
partirono veloci co’ successo
arivanno sur posto er giorno appresso.
*
Finché arivati, doppo annò a fini’
che annaveno bussanno a ogni porta.
Sta scritto che nemmanco pe’ ‘na vorta
j’offrissero un posto pe’ dormi’.
E lì Maria -che s’era proprio rotta-
propose a Peppe : -Annamo in quella grotta.
*
Trova ‘na mucca e pure un asinello;
pija la paja e appronteme un giacijo
perché tra poco nascerà er fijio
che ce darà er Signore.- Allora quello,
incominciò er lavoro lesto lesto
facenno quello che j’aveva chiesto.
*
E ne la grotta, quella stessa notte
sopra la paja de la magnatoia,
cor còre che schioppava da la gioia
-dato che l’acque s’ereno già rotte-
nasceva er pupo santo, mentre intanto,
la gioia inframmischiava er riso ar pianto.
*
Dl mio libro L’ARTRA BIBBIA
Che si apere con la creazione (VT
Per finire con la crocifissione (NT
nel cielo dimesso di questo Natale.
È ciò che farò di là dall’abete,
lungi un bel po’ dalle carte argentate,
fuori dall’eco delle luci impazzite
e dalle grida d’osanna al mostrarsi.
Tra paglia e silenzi mi confonderò
‘sì da sentire ancor più da vicino
il fiato di un bue e di un asinello
e scalderò questo cuore perplesso
per trovar meglio la forza e il coraggio
di chiedere a Lui di darmi una mano
per ritrovarmi e guardarmi dentro.
Cerco da un po’ l’antico specchio.